Sua maestà è tornato, a 4 anni di distanza da Guarda in cielo esce il sedicesimo (sedicesimo!) album di Bassi Maestro.
40 mesi di silenzio, come dice lo stesso rapper in Definizione (la traccia che apre l’album), che ci regalano ben 19 tracce nuove, quasi tutte prodotte da Bassi, tranne alcune collaborazioni con Boston George, Loop Therapy, K-Sluggah e un beat prodotto da Biggie Paul.
Io non vedevo l’ora di ascoltarlo, anche perché Guarda in cielo, il suo ultimo lavoro, mi era piaciuto parecchio, e il secondo estratto dell’album “Metà rapper e metà uomo” lo ritengo una bomba, con quel suono classico di cui Bassi è uno degli ultimi esponenti in Italia in quell’ampia fascia che chiamiamo underground.
L’album è perfettamente curato, come tutti i lavori del maestro, ma mi piace davvero a metà: quando Bassi fa il Bassi mi esalta, quando ci sono quei beat classici e con la cassa grassa che pompano come in “Ancora in giro”, “Ridefinizione” o “Sorry” il mio gradimento sale e in faccia mi si forma quel sorriso da metanfetamina; quando poi partono pezzi che cercano di avvicinarsi al gusto attuale come “Fottuto O.G.”, o la voce di Bassi con l’autotune mi intristisco un po’. Ma devo dire che ci sta, che va bene.
Davide Bassi è sempre stato uno dei miei super idoli, dal primo album che ho acquistato, “Foto di gruppo”, e nonostante non tutto quello che Cockdini abbia fatto mi piace adesso sono un pelo più grande (di 20 anni, in effetti) per poter comunque fare i complimenti ad un artista che al suo sedicesimo album continua ad autoprodursi sempre a livelli altissimi, sperimentando senza fermarsi mai.
Ottime le produzioni, ottimamente curate; mi convincono molto meno i featuring. Non male Fabri Fibra e Gemitaiz, ottimo Nitro, da rivedere tutti i featuring della traccia “Benvenuti a Milano“. Poi sono gusti, ma a me proprio non sono piaciuti. Anche la CdB non è in formissima. La lontananza dal rap si fa sentire, ma è sempre bello sentire la voce di Rido e Cush insieme a Bassi.
Un album completo e piacevole, ben fatto, da ascoltarsi in ordine senza lo shuffle come i begli album di un una volta. Forse ci sono delle cose che non mi piacciono, troppo nuove come gusto, come flow e come testi. Mancano un po’ i contenuti, le tracce come “L’ingranaggio” o “Foto di gruppo”, ma in molti versi Bassi Maestro ci racconta la vita di un uomo di 44 anni che ancora vive della sua musica e si impegna per migliorarsi sempre, facendo autocritica e senza esagerare con l’autostima. E non tirarsela se sei Bassi Maestro è già da rispettare.
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